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venerdì 13 marzo 2009

LA STORIA SOMMERSA DI FILICUDI

La storia che si trova sotto il mare è fatta di naufragi e approdi, viaggi e incontri, commerci e conoscenze. Un racconto di uomini e imbarcazioni, capaci di solcare secoli e secoli con le loro chiglie precarie e ormeggi di fortuna, che portano con sé un carico misterioso e appassionante. Ed è particolarmente ricca di avventure e presenze molteplici quella che si trova nelle profondità marine delle isole Eolie, nascosta tra posidonie e pesci colorati. I primi recuperi di archeologia marina avvengono anche con la collaborazione di appassionati o per pura casualità: così accade che il giornalista Gianni Roghi scopra un’imbarcazione con il suo antico carico affondata a Capo Graziano, Filicudi. L’isola di Filicudi rappresenta il punto più insidioso delle Eolie, con un fondale che affiora improvvisamente, arrivando a misurare a due metri. Le imbarcazioni, dunque, vedendo un riparo in prossimità dell’isola, vi si dirigevano in cerca dell’approdo, con il risultato di sfracellarsi sugli scogli affioranti. Nove i relitti individuati in questi fondali, in particolare i relitti "F" e "A": il primo, rinvenuto in una zona di mare scoscesa presso Capo Graziano, ha regalato un carico con una cinquantina di anfore greco-italiche, vasetti in vernice nera e acromi datati intorno alla metà del III secolo a. C., sostegni in terracotta, realizzati sia nelle stesse Eolie - a Lipari in particolare si registrava una fiorentissima attività di realizzazione di ceramiche - altri invece provenienti dall' Italia meridionale, in particolare la Campania, con Ercolano e Pompei. Il relitto "A", rinvenuto nella secca di Capo Graziano e chiamato anche relitto “Roghi” in onore al suo scopritore, invece risale all'età ellenica del II secolo a.C. presenta un carico costituito da anfore vinarie suggestivamente esposte a "piramide scalare". Il relitto "E" (Relitto dei Cannoni), localizzato nel 1968 a nord della secca di Capo Graziano, apparteneva ad una nave da guerra spagnola affondata durante uno scontro con la flotta di Luigi XIV di Francia, intorno al 1675.
Le Eolie rappresentarono per un lungo periodo un approdo sicuro: la morfologia delle isole è variata negli anni, e le grandi spiagge sabbiose che un tempo caratterizzavano le baie ora sono notevolmente ridotte o addirittura scomparse. Così le navi provenienti da Spagna, Africa, e da tutta l’Italia si ritrovavano qui con i loro carichi di olio, vino, grano, monete, ceppi decorati con delfini, lamine in rame, coppe, lucerne, piatti da pesce, vasellame di uso comune. Dalle Eolie si esportavano capperi, pomice, ossidiana e minerali vulcanici, insieme al pesce che serviva per la preparazione del garum, una salsa molto aromatica di cui erano ghiotti i latini. Tutti i reperti recuperati dalle profondità marine delle Eolie sono adesso in esposizione alla Sezione archeologica del Museo di Lipari e nella Sezione distaccata di Filicudi. Grazie alla creazione del Museo sottomarino di Filicudi, inaugurato lo scorso anno, chi ha un brevetto sub almeno di secondo livello potrà visitare buona parte di questi relitti. La prossima iniziativa della Soprintendenza del mare sarà quella di dotare il sito di telecamere subacquee per consentire a chiunque da casa di ammirare via Internet i tesori sui fondali e di orientare l’inquadratura a piacimento.

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